La certificazione di una macchina e spesso di un prodotto, derivano dall’analisi preventiva del Sistema che si deve certificare e dal contesto nel quale l’impianto deve essere utilizzato. Nulla può essere lasciato al coso, nell’interesse: della sicurezza dell’utilizzatore e del costruttore. Questa guida cerca di mettere in evidenza gli aspetti salienti che portano alla definizione della strategia da seguire durante il processo di omologazione.

1. La certificazione CE di una macchina

 

A partire dal 2006, con l’affermarsi della Direttiva Macchine, del recepimento delle norme europee a livello nazionale e con l’evoluzione della disciplina della sicurezza die posti di lavoro, quasi tutte le macchine e gli impianti presenti nelle officine sono certificate CE.  

La certificazione CE prevede che il costruttore provveda, in sede di progettazione e di realizzazione, a minimizzare i rischi a cui gli operatori possono essere esposti usando quel determinato sistema.

L’obiettivo è quello di ridurre i rischi, se possibile a zero e dove non fosse possibile a minimizzare il rischio rimanente (rischi residuo) attraverso un’azione di informazione e formazione del personale.

Per ottenere questo risultato il fabbricante redige un fascicolo tecnico nel quale conduce analisi e verifiche tali da comprovare che l’azione della riduzione del rischio è stata “meditata” ed “analizzata” apportando tutti gli accorgimenti possibile e disponibili tecnologicamente affinché la macchina sia sicura: “oltre il ragionevole uso([1])”   

La valutazione del rischio costringe il fabbricante a prendere in considerazione tutti gli aspetti e i componenti di una macchina, nessuno escluso : struttura meccanica; ripari; impianto elettrico, equipaggiamento elettronico, impianto idraulico, impianto pneumatico; sistema di gestione della macchina; interfaccia uomo/macchina; segnaletica luminosa e fissa. Tanto per citarne alcuni.

In realtà il fascicolo tecnico non è mai un prodotto standard ma si deve, sistematicamente, adattare alla specifica applicazione.

La Direttiva([2]) Macchine, infatti, prevede l’adozione di un numero importante di norme([3]) e regole tecniche([4]) che devono essere selezionate, di volta in volta, in base all’impianto che deve essere certificato.

Quando l’iter certificativo è portato a compimento e la macchina è marchiata CE significa (o dovrebbe significare) che il sistema è sicuro perché: le analisi condotte, i manuali e le avvertenze redatte e la formazione impartita sono tali da determinare il grado di rischio persistenze e di averlo minimizzato grazie alla formazione e alle informazioni rese disponibili.

La domanda è allora: l’officina dov’è presente una macchina certificata è sicura ? La risposta è: no!

La certificazione connota una caratteristica di sicurezza di quella macchina e non di altre, al massimo, di macchine “Conformi al Tipo” cioè di macchine uguali fatte in serie.

La comune produzione degli impianti difficilmente genera macchine uguali (fanno eccezione i centri di lavoro e simili dove il costruttore non produce per l’utente finale ma è questo ad utilizzare il sistema così com’è)

 

 2. Gestione della Certificazione

Dato che la certificazione nasce dall’analisi della macchina è evidente che l’utente finale, sebbene l’abbia acquistata non sia mai veramente una sua proprietà.

Questo non è una sottrazione dei diritti sulla legittima proprietà ma una tutela verso l’utente finale.

Se ognuno che possiede una macchina apportasse liberamente delle modifiche non sarebbe più certo che i rischi, durante il futuro utilizzo, rimangano i medesimi. Perché le modifiche apportate potrebbero mitigare i rischi ma, potrebbero aumentarli, rispetto agli esistenti, oppure crearne altri.

Per saperlo bisognerebbe mettere mano al fascicolo tecnico esistente, provvedendo ad analizzare l’impatto che certe modifiche hanno sull’intera macchina.

Per rispondere a questa esigenza la direttiva macchina prevede
che l’utilizzatore scriva al fabbricante esponendo le modifiche che intende realizzare.

Sarà il fabbricante a prendere in carico le richieste; ad accoglierle o rigettarle; a farsi carico delle stesse (esprimendo un costo di realizzazione) oppure ad autorizzare l’utente finale ad apportare le modifiche.

Le modifiche saranno realizzate attraverso la produzione di documentazione di progetto che confluirà nella nuova edizione del fascicolo tecnico e quindi in un aggiornamento del Certificato CE.

 

3. L’impatto delle modifiche sulla Certificazione

 

E’ evidente che modificare un sistema di lavoro presuppone conoscere tutti gli aspetti costruttivi del mezzo, nessuno escluso.

Questo significa essere un fabbricante. Difficilmente, infatti, un fabbricante mette a disposizione dei clienti o a terzi i documenti necessari alle verifiche.

Spesso si sente dire: “La Macchina e nostra ! La nostra è una ditta di rilievo e con i nostri sistemi, facciamo quello che vogliamo ! Non accettiamo ricatti da nessuno !”.

Quel dirigente andrebbe licenziato perché non sta facendo gli interessi della Sua ditta ma mette in pericolo i vertici aziendali.

Nel caso in cui avvenissero degli incidenti di lavoro durante l’uso dei macchinari arbitrariamente modificati, i vertici aziendali sarebbe chiamati a rispondere dell’aggravante dei avere messo a disposizione dei lavoratori mezzi non certificati.

Infatti i mezzi modificati senza l’autorizzazione del fabbricante perdono il prezioso scudo della certificazione. La macchina non è più marchiata CE.

La marcatura CE non è un vaccino contro qualsiasi controversia ma, certamente è una condizione necessaria, non certamente sufficiente.

Di questo però, non si discuterà nel seguito. Per ora importa comprendere la necessità che la marcatura sia: presente e valida.

 

4. Come modificare una Macchina Marchiata CE

 

 La marcatura CE rappresenta, almeno commercialmente, una potenziale fonte di protezione del fabbricante.

Va da se che la procedura di autorizzazione all’apporto di modifiche potrebbe essere: lunga, costosa e talvolta osteggiata.

Inoltre il proponente le modifiche potrebbe anche essere indesideroso di esporre, con dovizia di particolari, le modifiche che intende apportare perché potrebbero rappresentare delle preziose migliore svendute a buon mercato.

In pratica esistono delle soluzioni che permettono l’esecuzione di modifiche che non fanno decadere la marcatura CE e che non necessitano di particolari autorizzazione da parte del fabbricante.

Va precisato che non tutte le modifiche possono essere realizzate senza l’intervento del fabbricante tuttavia, in molti casi, è necessario per risolvere il problema, ricorrere alla “Teoria dei Sistemi”

Molto spesso significa ricorrere all’aiuto di un professionista che possa individuare e definire dei sottosistemi indipendenti tra loro capaci, ognuno, di svolgere delle attività specifiche tali da attuare le modifiche attese.

La “Teoria dei Sistemi” tende a inglobare delle macchine o degli apparati complessi  all’interno di una scatola chiusa che dialoga con l’esterno attraverso degli ingressi e delle uscite.

Molto spesso questo concetto induce a pensare che sia applicabile solo e tipicamente ad apparati elettronici dove il concetto di ingresso e di uscita è familiare.

Un sistema è ben confinabile e rappresentabile come una scatola chiusa e dialogante attraverso ingressi e uscite anche nel caso: dell’impianto meccanico, pneumatico, idraulico ecc. Persino il comportamento di un gruppo di persone potrebbe essere ricondotto nell’ambito di questa teoria.

Ecco dunque risolto il problema del corretto modo di intendere l’omologazione: “se ad un processo si apportano delle modifiche tali per cui al “Sistema Certificato” si interconnette un nuovo sistema da certificare i due apparati possono convivere armonicamente dando sicurezza e riducendo il rischio per gli operatori. 

Ogni certificazione appartiene allo specifico sistema detto che l’ultimo sistema realizzato abbia tenuto in debito conto gli eventuali rischi potenzialmente generati da lui verso l’esistente([5])”

 

5. Le interconnessioni e il rispetto delle precedenti caratteristiche di sicurezza

 

L’identificazione dei sistemi indipendenti non è un’attività banale deve essere condotta individuando dei confini precisi e dei punti di interconnessione tali da garantire: il corretto sezionamento delle fonti di energia; il corretto intervento delle emergenze; del blocco dei movimenti pericoli; dell’arresto a fine ciclo; del ripristino dopo un’emergenza ecc. In altre parole è necessario che il nuovo sistema garantisca il perdurare delle condizioni di sicurezza già definite nella precedente configurazione.

 

6. Le corrette interconnessioni

 

Quando i sistemi sono ben delimitati e i punti di
intersezione sono ben definiti si può concentrarsi sul nuovo sistema attuando l’iter
certificativo che porterà alla sua marcatura.

 

In questo modo l’iter certificativo si muove all’interno
della “Nuova Scatola” senza mai interferire sulle altre già certificate.

 

In prima istanza si dovrà documentare i punti di
intersezione tra i sistemi; successivamente va dimostrato quanto le interconnessioni
garantiscano che il primo sistema non sia perturbato dal nuovo.

 

A questo punto la certificazione del nuovo sistema procede, ex-novo,
secondo i criteri previsti dalla Direttiva di riferimento per un dispositivo
che deve essere posto sul mercato.

 

In estrema sintesi si dovrà: selezionare le direttive
previste dallo specifico prodotto; Nell’ambito delle singole Direttive, selezionare
le regole tecniche e le norme; raccogliere la documentazione di progetto;
redigere le relazioni ovvero le analisi dei rischi previsti dalla regole
tecniche; definire le azioni correttive; attuare le correzioni che si
materializzano in: modifiche, segnalazioni, informazioni e formazione. Tra
queste attività si configura la redazione del manuale di uso e manutenzione([6]).   

 

 7. Nei meandri della scatola: prodotto
commerciale; macchina o quasi-macchina

 

 Inizia qui un viaggio all’interno della “Scatola Nera” che è
sempre figlio di molti dubbi e confusioni.

 

 7.1 Il prodotto commerciale

 

 Un prima domanda è: la “Scatola Nera” ospitando un prodotto
commerciale è anche lei un prodotto commerciale ? Se lo fosse, pensano in
tanti, si potrebbe usare la certificazione conseguita dal prodotto commerciale
estendendola alla Scatola Nera: L’argomento certificazione sarebbe da
intendersi chiuso.

 

Anche in questo caso ci viene in aiuto la “Teoria dei
Sistemi”. Il punto derimente non è se un Sistema utilizzato è commerciale ma di
quale Sistema ci vogliamo occupare.

 

 In pratica qual’è il confine della scatola che stiamo
esaminando. Per tracciare il confine corretto questa volta bisogna prendere in
considerazione anche l’organizzazione aziendale. Per fare questo ci avvarremo
dell’aiuto di un esempio: le ditte produttrici di PLC([7]).

 

 Il PLC è praticamente un computer per processi di automazione.
Come tale è marchiato CE ed è distribuito da grossisti di materiali elettrici.
Se la ditta costruttrice di PLC si limita a vendere il prodotto lo metterà in
commercio avvalendosi della certificazione CE 
conseguita per il modulo dell’unità centrale e di tutte le periferiche a
lei collegabili: moduli di sicurezza; schede di rete; alimentatori ecc. (non
degli attuatori connessi alle uscite o dei sensori collegati agli ingressi)

 

La domanda è: significa che la “Scatola Nera” al cui interno
c’è il PLC è marcata CE pure lei ? Risposta: No !

 

Perchè? Perchè la certificazione del PLC è condizione
necessaria alla certificazione della “Scatola Nera” ma non sufficiente. Infatti
mentre la certificazione del PLC, tra l’altro,  garantisce che gli ingressi e le uscite
lavorino correttamente anche in presenza di disturbi elettromagnetici non può
garantire nulla circa il fatto che il programmatore comandi un movimento
pericoloso dell’attrezzatura a lei asservita.

 

 In altre parole, se si collega ad una uscita del PLC([8]), un motore elettrico, sul
cui albero è calettata una sega circolare, la certificazione del PLC ci dice
che un disturbo elettromagnetico non attiverà mai l’uscita inaspettatamente
mettendo in moto il motore e quindi la lama della sega.

 

Però la certificazione del PLC non può garantire che la lama
della sega non sia azionata se l’operatore la sta pulendo. Per certificare che
la lama della sega non si muoverà quando l’operatore pulisce la lama contenuta nella
“Scatola Nera” si deve: prevedere un pulsante di avvio della lama; un pulsante
di emergenza; segregare la lama tra ripari inaccessibili; verificare che lo
sportello del riparo sia chiuso prima di avviare il moto della lama; verificare
che la lama sia ferma prima di sbloccare il cancello.

 

 Questo
processo di causa-effetto è, nei fatti, l’analisi dei rischi. All’interno della
quale si sono prese in considerazioni regole tecniche([9])
quali: UNI EN ISO 14119:2013 Sicurezza del macchinario – Dispositivi di
interblocco associati ai ripari – Principi di progettazione e di scelta; CEI EN 60204-1 Sicurezza del
macchinario. Equipaggiamento elettrico delle macchine Parte 1: regole generali.
Tanto per citarne alcune.

 Il
prodotto commerciale cioè la vendita alla distribuzione sembra riservare solo
vantaggi. Infatti si esegue la certificazione CE una volta per tutte senza dovere
affrontare la certificazione della “Scatola Nera”

 

7.2 Il prodotto commerciale si vende
da solo ?

 

Il problema fondamentale di certi prodotti è se per loro
natura possono essere considerati vendibili senza patire lo sforzo della
integrazione.

 

Questi aspetti afferiscono al mondo delle strategie di
marketing e non ai processi di certificazione che sono, invece, una conseguenza
di come si vende.

 

Oggigiorno i PLC sono venduti al banco dei grossisti di
materiale elettrico sia perchè sono stati resi semplici nella programmazione
sia perchè l’automazione ha ormai consolidato l’uso di questi prodotti.

 

Quarant’anni fa i PLC erano venduti dalle case madri che
inviavano pressi i costruttori di macchine utensili i loro tecnici che prendevano
parte attiva alla fasi di fabbricazione e di collaudo.

 

Il produttore di dispositivi elettronici evoluti e
sofisticati, molto probabilmente, si trova a giocare un doppio ruolo: venditore
di dispositivi ed integratore di sistemi.

 

Questo, per esempio, avviene comunemente per le applicazioni
delle isole robotizzate ed in generale per tutti quei sistemi innovativi dove il
prodotto da solo non basta al cliente finale che necessita della propria
applicazione specifica. Quindi il ruolo dell’integratore è fondamentale.

 

Lasciando agli esperti di marketing quali politiche di
vendita attuare per promuovere i propri prodotti interpretando il ruolo di
venditori e/o integratore, torniamo sulle problematiche inerenti la
certificazione e l’analisi  della scatola
nera

 

Abbiamo assodato, quindi, che di qui in avanti stiamo
discutendo sul rapporto che deve intercorrere tra integratore e cliente finale.

 

Va detto che molto spesso il produttore di dispositivi
evoluti e sofisticati detiene il miglior know-out su come integrare i sistemi.
Per questo motivo spesso i produttori sono anche integratori. Va da se il
prodotto venduto non è il sistema ma il sistema più il servizio dove nel
servizio vanno contemplate le attività di: progettazione, realizzazione e
certificazione della soluzione.

 

7.3 Gli integratori e il Cliente
Finale

 

L’integrazione ovvero l’adattamento di un prodotto
commerciale alla specifica applicazione di un cliente finale ha dei costi che
non debbono tenere conto solo delle ore di installazione e dei costo del
prodotto commerciale.

 

Integrare significa progettare le soluzioni sicure e quindi
certificare. Il prezzo finale deve tenere conto dei benefici apportati non solo
in termini di velocità di produzione ma anche: del minore costo di esercizio
(risparmio energetico); della maggiore sicurezza; della qualità del prodotto
finale.

 

Il risparmio energetico è un elemento importante nella
sensibilizzazione del cliente finale perchè affrontando una spesa maggiore di
integrazione potrebbe permettere risparmi strutturali importanti in futuro. Le
ditte, molto spesso debbono tenere in conto anche della improrogabile necessità
di ridurre infortuni e fermi macchina per cui la soluzione proposta dall’integratore
non deve essere valutato solo ed esclusivamente con il metro del minor costo.

 

7.4 Le insidie dell’Integrazione

 

Ammesso di avere tracciato correttamente la suddivisione
sistemistica tra macchina esistente e “Nuova Scatola Nera” l’integratore può
incappare nei marosi di un mare chiamato Cliente.

 

Il Cliente finale sembra più un diavolo tentatore che non un
collaboratore. Le proposte che vengono avanzate, per ridurre i costi finali
sono varie ed ognuna della quali cambia continuamente il confine del sistema
cioè della scatola nera.

 

A queste “tentazioni” bisogna rispondere con grande
determinazione per non dovere pagare un prezzo altissimo legato alla confusione
che si genera e che, alla fine, penalizzerà solo l’integratore. A meno che non
si chiariscano bene i ruoli del gioco.

 

 

7.4.1 La migliore soluzione di integrazione

 

La migliore risposta alle “Tentazioni” del Cliente è quella
di proporre loro la fornitura di una “Nuova Scatola Nera”. All’interno della
scatola nera vanno messi tutti gli elementi necessari a renderla: autonoma; ben
delimitata; sicura e certificata.

 

Valga questo esempio, questa volta preso dai costruttori di
sistemi di riscaldamento ad induzione.

 

Un sistema ad induzione consiste, sostanzialmente, in un generatore
a frequenza variabile e di una o più bobine alimentate dal generatore stesso
richiuse su un circuito magnetico costituito dal materiale ferroso, dello
stampo, che si intende scaldare.

 

La “Scatola Nera”, come nel caso del PLC e della sega
circolare, non è costituita solo da quei due componenti, ma necessita di altri
dispositivi: elettrici e meccanici che fanno della “Scatola Nera” un’applicazione
sicura.

 

7.4.2 Quasi Macchina o Macchina ?

 

La prima distinzione da fare è capire se siamo difronte ad
una quasi-macchina o ad una macchina. Ai fini dell’iter di certificazione, da
parte del fabbricante, , la  cosa non fa
differenza. Infatti per arrivare alla certificazione della quasi-macchina i
passi che deve svolgere l’integratore sono assolutamente identici al coso in
cui marchiasse “La Scatola Nera” in quanto macchina.

 

La differenza la fa, invece, per il Cliente. In quel caso ricevendo
una “Quasi-Macchina” riceverà un certificato che, tra l’altro, recita che è
vietato l’uso del sistema prima della sua incorporazione in una macchina.

 

Significa che il Cliente finale non potrà accendere il
generatore ad induzione , per esempio, se prima non provvede ad integrare tutta
la “Scatola Nera” nella macchina preesistente accertandosi che non esistano
rischi gravi a cui potrebbe essere esposto l’operatore.

 

Come si vede, in questo caso, chi si spiazza è il cliente
finale il quale, in sostanza, dovrà aggiornare la certificazione della macchina
che già lavorava nella sua officina e che era regolarmente certificata e
corredata di tutte le eventuali procedure di sicurezza.

 

Morale: si ricade nei casi discussi ai precedenti paragrafi.
La via della dichiarazione di quasi macchina non permetterà, in molti casi al cliente
finale, di avere all’interno del proprio stabilimento, una macchina
correttamente certificata. Morale: Farò risparmiar energia ma meglio non usare
questa “Scatola Nera”.

 

Anche se, fino ad ora nello svolgimento del ragionamento,
non abbiamo accertato se si poteva definire la nostra “Scatola Nera” una quasi-macchina.

 

La Direttiva Macchine definisce, cosi, una quasi-macchina: “gli
insiemi che costituiscono quasi una macchina, ma che, da soli, non sono in
grado di garantire un’applicazione ben determinata – ad esempio un sistema di
azionamento – unicamente destinati ad essere incorporati o assemblati ad altre
macchine o ad altre quasi-macchine o apparecchi per costituire una macchina”.

 

Una quasi-macchina non potrebbe eseguire alcuna azione compiuta
perchè per effettuarla necessita di altre parti che, integrate tra loro, le
consentono di effettuare una determinata operazione.

 

Il generatore e la bobina cosa possono fare da sole ? Qualcuno
direbbe nulla. Questo è falso. Infatti intendere che il generatore è inerte
perchè non alimentato sarebbe come a dire che una macchina utensile non è tale
perchè non collegata alle fonti di energia dello stabilimento: elettricità, aria
compressa, refrigerante ecc.

 

Invece una macchina è marcata CE perchè se si collega alle
fonti di energia produce i suoi effetti.

 

Un’altra obbiezione è quella che dice che il generatore più
la bobina  non generano effetti perchè privi
di circuito magnetico dovuto alla presenza del ferro. Se fosse vera l’obbiezione
allora nessun fabbricante di: radio, ponti radio, televisori e simili dovrebbe
marcare i propri prodotti perchè privi del collegamento di antenna. E’ evidente
che se si collega un’antenna ad un apparato radio questo inizia a lavora.

 

Per cui è evidente che la nostra “Scatola Nera” non è
annoverabile ad una quasi-macchina ma è una vera e propria macchina. Quindi
andrà certificata come tale.

 

Fino ad ora, tramite esempi, abbiamo visto quale processo
logico si deve applicare per determinare la natura della “Scatola Nera”; quali
implicazioni nascono in base a cosa mettiamo dentro la scatola nera; quale prodotto/servizio
vogliamo fornire al cliente finale che, come vincolo, imprescindibile, deve
avere dei sistemi certificati per potere fare lavorare i propri operatori.

 

Gli esempi andranno riadattati alle proprie realtà ma,
difficilmente, queste si discosteranno dalle tipologia analizzate tramite gli
specifici esempi.

 

7.4.3 Cosa c’è nella scatola nera

 

La “Scatola Nera” è quindi una macchina. Ma la domanda è:
cosa c’è nella scatola nera ? La prima risposta è: Il generatore e la bobina !

 

La risposta è sbagliata, anzi, se fosse giusta bisognerebbe
concludere che: quella scatola nera, in quanto macchina, non è conforme alla
Direttiva.

 

“La Scatola Nera” non è quindi marchiabile. Si ritornerebbe
quindi alle ipotesi discusse fin qui dove, alla fine, la marcatura, ricadendo
sul Cliente finale, lo costringerebbe a “rimarchiare” la macchina già in uso.

 

Cosa si deve aggiungere alla “Scatola Nera”, in quanto
macchina, per essere conforme alla Direttiva ?

 

Vediamo nel seguito il processo logico che ci porterà a
definire tutti i componenti che sono necessari per marchiare la scatola nera.

 

Prima di tutto bisogna verificare quale sia il principale
pericolo messo in campo da un generatore ad induzione: le emissioni indesiderate.

7.4.3.1 Caratteristiche dell’applicazione
e dei rischi associati

Per prima cosa è necessario
comprendere qual’è l’uso che si farà della “Scatola Nera”.

 

Lo scopo primario dei sistemi
ad induzione  è quello di scaldare, in
tempi il più brevi possibili, lo stampo/i  utilizzato/i per nell’applicazioni del cliente
finale.

Idealmente l’induzione
magnetica prodotta dovrebbe servire completamente per riscaldare lo stampo  costiuendo quella che la UNI EN 12198-1
definisce emissione di radiazione funzionale([10]).

 

Se l’induttore producesse
solo emissioni funzionali, ovvero tutta l’energia prodotta scaldasse lo stampo,
allora non ci sarebbero quanti di emissione dispersi nell’ambiente.

 

In realtà esistono delle
emssioni di radiazioni indesiderate([11]) tali da
disperdersi nell’ambiente circostante che, nel caso delle attività lavorative,
coincidono con gli spazi occupati dagli operatori dei sistemi di produzione.

 

7.4.3.2 Dalla definizione dell’uso all’individuazione
dei rischi

 

Le radiazioni indesiderate
rappresentano un potenziale pericolo per gli operatori esposti poichè sul corpo
umano si possono generare dei danni gravi , quando sollecitato da flussi di una
certa entità e caratteristica. E’ necessario intervenire, sin dalla
progettazione della macchina,  per
eliminare la presenza di queste radiazioni.

 

E’ quindi evidente la
necessità di effettuare un’accurata verifica (analisi dei rischi) per accertare
se:

 

1.       Nell’intorno dell’elemento riscaldante (bobina + stampo/i)
sono presenti delle radiaizoni indesiderate

2.       Se presenti con quale intensità e a quali distanze

3.       Se le intensità rilevate possono essere nocive agli
operatori esposti

4.       Se le intensità sono nocive da quale distanza divengono
accettabili

In base ai risultati ottenuti
sarà possibile individuare le misure atte a sopprimere o ridurre al minimo i rischi
di esposizione.

 

Lo scopo delle misure è quindi
quello di verificare l’andemento del campo elettromagnetico relativo alle
radiazioni non ionizzanti indesiderate secondo quanto definito nella norma UNI
EN 12198-1; 2 e 3 relativamente all’uso della “Scatola Nera” in quanto
macchina.

 

Le prove sono state condotte
per verificare, al variare della configurazione del sistema carrello/bobine, i
valori di campo elettrico e campo magnetico dovuto alle radiazioni non
ionizzanti disperse dalla sorgente (carrello con generatore + bobina +
specifico stampo) che emette delle frequenze basse e bassissime secondo la :  UNI EN12198-1.

 

 

L’obbiettivo delle verifiche
è quello di:

1.      
Definire le condizioni più a rischio;

2.      
Adattare per quelle tutti i provvedimenti necessari pr ridurre il rischio
residuo;

3.      
Estendere le prescrizioni  anche
alle condizioni meno severe in modo da standardizzare le condizioni di
sicurezza;

4.      
Ridurre il rischio indipendentemente dalle condizioni di utilizzo. 

 

7.4.3.3 Il rischio principale è  l’unico rischio ?

 

“La “Scatola Nera” possiede,
come unico rischio, le emissioni indesiderate ?”.  La risposta è: no!.

 

I rischi della “Scatola Nera”
sono connessi, per esempio, all’uso dell’energia elettrica.

 

Il generatore dovrà essere
ospitato in un armadio elettrico fatto in modo da evitare i contatti diretti ed
indiretti con la corrente elttrica.

 

“Quali sono i rischi a cui si
deve porre attenzione ?”

 

Possiamo indicarne alcuni, nell’ambito
dello spèecifico esempio:

 

·        
Folgorazione a
causa di contatti diretti e indiretti in presenza di parti sotto tensione
elettrica

·        
ieizione di parti
a seguito di cattivo funzionamnto dei circuiti pneumaticiti utilizzati per il
raffredamento forzato (creste, sopvrapressioni e simili)

·        
Scattature a seguito
del contatto con superfici ad alta temperatura.

·        
Cesoiamento e
pizzicamento  causato dalla geometria deii
ripari di riduzione delle radiazioni o dei ripari di interdizione all’accesso
di aree esposte a radiazioni indesiderate

·        
Esposizione a radiazioni
indesiderate non compatibili con i portatori di protesi mediche attive ed
esposizione a radiazioni indesiderate fuori dai limiti di qualità.

 

“Significa che la “Scatola Nera ha troppi rischi e non è
certificabile ?”  La risposta è: no!.

 

Significa che la “Scatola Nera” è soggetta a varie analisi
dei rischi per individuare: i potenziali rischi;   i
provvedimenti necessari per ridurli; le avvertenze ovvero la necessaria
formazione. Attraverso queste azioni si quantifica l’entità del rischio residuo
evidenziandolo a chi farà uso del sistema.

 

“Allora se eseguo questa attività una prima volta potrò
applicare gli stessi risultati a tutti i sistemi che venderò in futuro come
integratore ?”. Anche in questo caso la risposta è: no!

 

I rischi sopra elencati sono decontestualizzati dall’applicazione
e non possono essere veramente determinati se non si calano nell’applicazione
specifica.

 

“Perchè ?”. Perchè ogni provvedimento di sicurezza potrebbe
richiamarne altri in funzione: del tipo di impianto esistente; dello spazio
messo a disposizione; del tipo di lavorazione; delle procedure esistenti di
carico e di scarico dei prodotti lavorati.

 

Un esempio valga per tutti. Dalla verifiche delle radiazioni
indesiderate si scopre che queste sono pericolose in un raggio di 1600 mm dalle
bobine. Come rimedio si stabilisce di usare un riparo che chiuda lo stampo.

 

Fatto lo stampo si verifica che il rischio si è limitato ad
un raggio di 500 mm. “E’ sufficiente ?” No !

 

“Cosa di può fare ?”  Bisogna capire quel riparo quali aree delimita
e quali zone sono ancora accessibili durante la lavorazione.

 

Per esempio si verifica che in uno stabilimento un fronte è accessibile
per cui un operatore può attraversare la zona distante 500 mm.

 

“Cosa fare ?” Probabilmente bisogna installare dei ripari
che interdicano la zona. Quindi dei ripari non contro le radiazione ma come
interdizione all’accesso a quello specifico fronte della macchina. La caratteristica
dell’interdizione è quella di non permettere a nessuno di accedere all’area
esposta alle radiazioni indesiderate durante la solo lavorazione della
macchina.

 

“Cosa comporta creare dei ripari che interdicano una determinata
zona ?” Può comportare uno di queste azioni o tutte insieme:

 

·        
Prevedere un pulsante di avvio riscaldamento
solo se il cancello è chiuso

·        
Prevedere una procedura di carico e scarico della
macchina in funzione dello stato del riparo

·        
Prevedere un nuovo fungo di emergenza per
ovviare agli intrappolamenti all’interno del riparo

·        
Prevedere della formazione del personale

·        
Provvedere a redigere un manuale circa i
comportamenti da adottare.

 

7.4.3.4 Il rischio di non avere
valutato i rischi

 

Le obbiezioni frequenti si possono cosi riassumere:

 

“Perchè bisogna complicarsi la vita a tal punto ? Facciano
attenzione gli operatori ! Si lavora e non si gioca! La colpa è di chi si fa
male!”

 

Queste affermazioni non trovano riscontro reale ma gettano
le basi per importanti future crisi che una azienda potrebbe vivere.

 

Trascurare queste norme di sicurezza significa esporre un
lavorato a pericoli che potranno  generare
malattie professionali.

 

Infatti saranno i legali rappresentanti dell’Azienda a
rispondere del danno cagionato se venisse accertato che le cause della malattia
contratta da un lavorato siano imputabili a rischi insiti in un impianto (per
esempio, all’esposizione continua a sorgenti radioattive)

 

Le rivalse, tra lavoratore e azienda, oltre che di natura civilistica
assumono rilevanza penale.

 

In prima istanza la ditta coinvolta sarà quella del Cliente finale
ma certamente questa non esiterà a rivalersi avverso l’integratore e il
costruttore di sistemi.

 

7.4.3.4 Contro i rischi: chiarezza e
trasparenza

La certificazione ha un costo che se non è stato
quantificato a priori rischi di compromettere la remuneratività della commessa.

 

Per un integratore anche questo è un rischio: reale e
pericoloso da gestire. Spesso per ridurre i danni dovuti all’inesperienza non
si gioca sull’equivoco che spesso lenisce il problema finché, però, non
subentrano incidenti .

 

Da quel momento tutto si complica e non di poco. Un primo
equivoco è giocato sulla poca conoscenza, da parte del Cliente Finale, circa il
vero significato delle certificazioni.

 

Si fa credere che la certificazione del prodotto sia sufficiente
a certificare il sistema. Con buona pace di tutti ognuno pensa che la
responsabilità comunque è in capo all’altro per cui la vendita si perfeziona
senza alcuna  complicazione. Soprattutto
se alla consegna ci si è premurati di fornire il “libretto” (Che il consulente
avrà preparato con facili operazioni di “Copia & Incolla” massimizzando le
sue laute remunerazioni)

 

Tutto funziona finche gli enti preposti: ASL; INAIL (In Italia)
non avanzano richieste di chiarimenti e documentazione. A quel punto emergono i
problemi e nascono le contestazioni e  i
litigi.

 

Va opposta, sin dall’inizio, grande chiarezza e precisione per
evitare spiacevoli situazioni.

 

Si tratta di definire da subito i ruoli e le responsabilità
identificando il chi fa che cosa. E’ stato questo il tentativo di questo
opuscolo che proveremo a riassumere nelle tabelle sotto riportate.

 

Ruolo

Cosa
deve Marchiare

L’applicazione
è Marchiata

Venditore
di Dispositivi

Il
Suo Prodotto composto da apparati che debbono ancora essere applicati all’impianto

NO

Elettricista

Il
quadro elettrico e/o il bordo macchina come prodotto assiemato composto da dispositivi
tutti certificati secondo lo specifico uso. Inoltre certifica che l’impianto
da lui realizzato risponde alle direttive e alle norme applicabili in materia
di realizzazione di quadri elettrici e bordo macchina. La sua certificazione
vale sia per i quadri nuovi sia su quelli esistenti, a patto di potere
dimostrare che la sua progettazione sia originata dai documenti che hanno
consentito la precedente omologazione

NO

Meccanico

Fluidico
in genere

Come
per l’elettricista

NO

Integratore

Certifica
La “Scatola Nera” che ha realizzato inglobando (quando necessario) le certificazioni
di attori terzi (Elettricista, Meccanico Impiantista) che abbiano concorso
alla realizzazione del suo sistema. Partendo dalle certificazione di attori
terzi (che possono essere anche componenti interne della sua stessa ditta)
redige il Fascicolo Tecnico effettuando le analisi dei rischi necessarie ed
applicabili; realizzando tutti i provvedimenti per minimizzare il rischio;
informando e formando l’utente finale

SI

Certificato
ex-novo della “Scatola Nera”

 

in
alternativa

 

Certificazione
dell’impianto esistente partendo dalla documentazione che ha generato la
certificazione precedente

Cliente
Finale

Il
Cliente Finale ricevuta la certificazione della scatola nera, tramite il suo
servizio di Sicurezza studia il manuale del nuovo Sistema o quello aggiornato
dell’impianto esistente e, se del caso, dispone nuove procedure di utilizzo e
di organizzazione del lavoro in officina. Se necessario effettua nuove misure
o verifiche dovute alla presenza del nuovo/i sistemi certificati (esposizione
alle radiazioni non ionizzanti; verifiche di isolamento ecc.)

L’impianto
è certificato ma ai fini del Decreto 81/2008 (solo per citare una legge
nazionale) potrebbe non essere in regola perchè non ha provveduto ad
aggiornare: politiche di sicurezza, informazione e formazione del personale.

7.4.3.5 Cosa succede alla marcatura
dell’impianto se…

Per pura esemplificazione si riporta una casistica, non certo
esaustiva, relativa a come cambia la certificazione di un impianto in funzione
delle azioni condotte su questo o su una sua parte

Certificazione Iniziale

Fornita da

Azione condotta

Chi conduce l’azione

Stato della Certificazione

Documentazione

Necessaria

Posizione del Produttore

di un Dispositivo

Macchina

Impianto Marcato CE

Costruttore dell’Impianto

Inserito un dispositivo nell’armadio
elettrico esistente

Personale Specializzato esterno
o interno all’azienda del cliente finale o personale del fabbricante del
dispositivo

Da Emettere Nuovamente

 

Documenti del Fabbricante
Originario

Il Produttore è in regola
perchè risponde solo della certificazione del suo prodotto

Priva di omologazione  se non riemessa

Inserite le sicurezza e i
comandi per attuare il nuovo dispositivo

Inseriti dei ripari come
schermo o interbloccati

Impianto Nuovo

Sistemista rappresentato da
una ditta terza oppure dal produttore del Sistema

Scatola Nera interconnessa a
macchina precedente che varia l’impianto esistente solo per la dismissione
degli attuatori esistenti (per esempio: resistenze di riscaldamento; controllo
motore ecc. le cui sicurezza preesistenti sono lasciate inalterate

Un Sistemista rappresentato
da una ditta terza partner oppure direttamente dal produttore del sistema che
opera come sistemista per l’applicazione dei suoi prodotti

Emessa alla consegna della “Scatola
Nera”

Il Sistemista redige il
fascicolo tecnico , che non consegna al cliente finale. AL cliente finale
consegna il certificato CE, i manuali e la documentazione che ritiene sia
necessaria per formare ed informare il personale

 

L’impianto esistente
conserva la propria omologazione mentre la Scatola Nera detiene la propria omologazione.

 

 

8 L’attività di Certificazione

 

L’attività di certificazione è uno di quei mestieri dove la
formazione continua sta alla base della specifica professionalità.

 

Infatti è necessario un continuo aggiornamento circa l’evoluzione
delle norme. Le norme non vanno considerate alla stregua delle istruzioni di un
gioco da tavolo dove le regole dettano lo svolgimento dell’intrattenimento.

 

Le norme e le regole cambiano perchè: la monitorizzazione
degli incidenti e l’esperienza quotidiana indicano i limiti delle sicurezze
fino a quel momento sperimentate.

 

Si tratta di un lavoro continuo e costante di moltissimi
esperti suddivisi per discipline e materie che cercano di codificare il modo migliore
per realizzare prodotti e applicazioni con il massimo della sicurezza.

 

Per certificare è necessario: attingere a fonti certe;
verificare in continuazione norme e direttive; avere esperienza sui sistemi e
capacità progettuali in modo da comprendere, grazie all’interazione con i
singoli progettisti delle specifiche applicazioni, le singole realizzazioni.

 

Bisogna inoltre avere la capacità di proiettare la specifica
applicazione immaginandola nelle sue condizioni estreme in modo da intuire, per
quanto possibile, i rischi che si annidano in quelle circostanze.

 

L’attività di certificazione impone il gioco di squadra dove
gli attori sono tanti: i progettisti; i costruttori; l’utilizzatore finale; i
normatori e gli avvocati.

 

Con ognuno di loro è necessario intrattenere il massimo del
rapporto per imparare e per trasmettere tutte le informazioni necessarie a realizzare
un prodotto sicuro “oltre al ragionevole uso”

 

Creare la cultura della Sicurezza è anch’esso un modo di
fare certificazione, almeno per l’aspetto connesso alla formazione e all’informazione.

 

Non è detto che ci si riesca con la dovuta efficacia e
chiarezza.

 


[1] Oltre il ragionevole uso significa che la macchina è sicura anche se usata “incautamente”

[2] Una direttiva è un atto legislativo che stabilisce un obiettivo che tutti i paesi dell’UE devono realizzare. Tuttavia, spetta ai singoli paesi definire attraverso disposizioni nazionali come tali obiettivi vadano raggiunti. Un esempio è quello della direttiva sui diritti dei consumatori dell’UE, che rafforza i diritti dei consumatori in tutta l’Unione, ad esempio eliminando spese e costi nascosti. in Internet, ed estendendo il periodo entro il quale i consumatori possono recedere da un contratto d’acquisto. (Rif.: https://europa.eu/european-union/eu-law/legal-acts_it)

 

[3] Secondo la Direttiva Europea 98/34/CE del 22 giugno 1998: Norma è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza “non sia obbligatoria” (solo le norme pubblicate in G.U. diventano cogenti, cioè obbligatorie) e che appartenga
ad una delle seguenti categorie: Norma Nazionale (UNI): contraddistingue tutte  le Norme Nazionali Italiane e nel caso sia l’unica sigla presente significa che la norma è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI o dagli Enti Federati (CTI, CIG, CEI). Norma Europea (EN): identifica le norme elaborate dal CEN (Comité Européen de Normalisation). Le norme EN (o norme armonizzate) devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi membri CEN e la loro sigla di riferimento diventa, nel caso dell’Italia, “UNI EN”. Queste norme servono ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, quindi non è consentita l’esistenza a livello internazionale di norme che non siano in armonia con il loro contenuto. Norma Internazionale (ISO): individua le norme elaborate dall’ISO (International Organization for Standardization). Queste norme sono un riferimento applicabile in tutto il mondo. Ogni Paese può decidere se rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come proprie norme nazionali, nel qual caso in Italia la sigla diventa “UNI ISO” (o UNI EN ISO) se la norma è stata adottata anche a livello europeo). Le norme, quindi, sono documenti che definiscono le caratteristiche dimensionali, prestazionali, ambientali, di sicurezza, di organizzazione ecc. di un prodotto, processo o servizio, secondo lo stato dell’arte e sono il risultato del lavoro di decine di migliaia di esperti in Italia e nel mondo. (Rif.:https://www.portaleimpianti.it/mestieri/fumisti/aggiornamento-tecnico-normativo/regole-e-norme-tecniche.html)

[4] Una “regola tecnica” è una specifica tecnica resa obbligatoria in uno Stato Membro dell’Unione Europea da un organismo governativo attraverso la sua pubblicazione in una Gazzetta Ufficiale o in un atto legislativo. (es.: D.M. n. 37/2008, D.Lgs. n. 28/2011, D. Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., D.Lgs n. 81/2008 e s.m.i.) (Rif.:https://www.portaleimpianti.it/mestieri/fumisti/aggiornamento-tecnico-normativo/regole-e-norme-tecniche.html)

 

[5] Naturalmente durante la certificazione del nuovo sistema si deve tenere conto dei rischi eventualmente introdotti verso il sistema esistente provvedendo, adeguatamente, a minimizzarli e ridurli. Certamente non si potrà certificare il nuovo sistema se questo produce delle situazioni di pericolo verso il sistema a cui è interconnesso.

 

[6] Si spera che adesso sia evidente quanto sia lontano dallo spirito della norma confondere la certificazione con il commissionare la redazione del manuale d’uso e manutenzione spesso identificato come “libretto macchina” (Nella mal celata speranza che in realtà sia un foglio A4 scritto piccolo-piccolo come spesso si trova all’interno di confezioni di prodotti anche di marche note)

 

[7] Il PLC (Programmable Logic Controller) è un dispositivo digitale industriale programmabile, specializzato nella gestione dei processi industriali. Esso esegue un programma ed elabora i segnali digitali ed analogici provenienti da sensori e diretti agli attuatori presenti in un impianto industriale. Una delle principali caratteristiche è la sua robustezza, infatti normalmente è posto entro quadri elettrici in ambienti rumorosi, con molte interferenze elettriche, con temperature elevate o con grande umidità. In alcuni casi il PLC è in
funzione 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno, su impianti che non possono
fermarsi mai. (Rif.: https://vitolavecchia.altervista.org/che-cose-a-cosa-serve-e-come-funziona-un-plc-programmable-logic-controller/)

[8]
L’esempio
è puramente esemplificativo poichè lo schema di collegamento di un motore
comandato da un’uscita di un PLC è molto più complesso. Tuttavia per i nostri
scopi e sufficiente la semplificazione. In realtà la complessità del circuito
si traduce in una maggiore valutazione del rischi legata al calcolo dell’affidabilità
dei componenti.

[9] Si
noti che si fa riferimenti a “Regole Tecniche” obbligatorie (cogenti) e non a norme
(volontarie). Sebbene sia da incoraggiare la verifica delle norme volontarie
come distintivo di qualità

[10] Emissione
di radiazioni da una macchina necessaria per la sua funzione nell’area di
lavoro [3.1]

[11] Tutte
le emissioni di radiazioni, che non siano emissioni di radiazioni funzionali,
emesse in qualsiasi punto all’esterno dell’area di lavorazione 

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